Soprattutto dal giapponese, la traduzione troppo letterale rivela le lacune del traduttore

Cos'è la traduzione letterale?

Nella traduzione letterale si persegue la corrispondenza formale, parola per parola, alla lingua di origine, lasciando al lettore l'interpretazione del significato nella sua lingua. Nella traduzione libera – o semantica, creativa – si persegue invece l'adattamento dei "significati" per rendere il testo più naturale e catturare più fedelmente l'emozione voluta dal testo originale. Questo concetto è sempre cruciale per la qualità di traduzione, ancor più quando si traduce dal giapponese.

George Bernard Shaw

George Bernard Shaw

scrittore, drammaturgo, linguista e critico musicale

Le donne sono come le belle traduzioni: raramente sono fedeli.

La traduzione letterale può avere più senso in circostanze e per scopi specifici, ma dovrebbe comunque essere utilizzata con cautela.

Ad esempio, è più accettabile nella traduzione tecnico-scientifica e specialistica, dove la fedeltà rigorosa al testo originale, soprattutto terminologica, è fondamentale. Tuttavia, nel mondo più ampio della traduzione generale ed editoriale è sconsigliata e dovrebbe essere evitata, poiché può compromettere la naturalezza nella lingua di partenza e, anche se corretta dal punto di vista lessicale, può risultare meno efficace all'orecchio del lettore nella lingua di destinazione. Anche un posizionamento inusuale delle parole che possa causare fraintendimenti può rallentare la comprensione del testo tradotto e creare un effetto estraniante.

Questo principio vale altresì per la traduzione di siti web, e ancor più per la traduzione di sottotitoli, che richiede un approccio completamente diverso.

La traduzione letterale dal giapponese (o dall'inglese)

La lingua giapponese presenta notevoli differenze rispetto alle lingue Indo-europee, soprattutto quelle romanze o neo-latine.

Ad esempio una struttura sintattica particolare, la tendenza a eliminare ciò che è considerato superfluo, l'esplicitazione chiara del soggetto solo quando la sua omissione renderebbe il messaggio poco comprensibile, l'uso di un'espressione del pensiero spesso più sfumata e ambigua, la mancanza di distinzione tra genere, numero e persona nei sostantivi, verbi e aggettivi, una sfumata linea di separazione tra verbi e aggettivi e l'assenza di distinzione tra articoli determinati e indeterminati, contribuiscono a porre la lingua giapponese in un mondo linguistico tutto a parte.

Inoltre, rispetto alla lingua italiana e specialmente nella forma scritta, la lingua giapponese è più permissiva riguardo all'interconnessione semantica tra le frasi ed è più ricca di ridondanze e formulazioni standard che non hanno equivalenti in italiano, e quindi diventano difficili da tradurre. Poi, rispetto agli italiani i giapponesi utilizzano meno sinonimi, e poiché la lingua giapponese non dispone di particelle pronominali e pronomi relativi, obbliga a identificare in continuazione l'oggetto, il che non può avvenire in italiano senza compromettere la fluidità e la naturalezza del discorso.

Ecco perché in generale non si dovrebbe mai tradurre in modo troppo letterale dal giapponese. In altre parole, le differenze sintattiche tra le due lingue sono così pronunciate che non è affatto possibile farlo se si desidera produrre un testo "facile da leggere". (In realtà, non si dovrebbe farlo nemmeno quando si traduce dall'inglese nonostante le numerose analogie con l'italiano.) Traducendo troppo letteralmente da queste lingue emergono chiaramente le strutture sintattiche originali, rendendo il testo poco naturale all'orecchio del lettore italiano e accentuando ulteriormente la sua natura di... traduzione.

Per il traduttore giapponese la situazione risulta relativamente più agevole. Infatti, dato che la lingua italiana è molto più precisa e offre una maggiore ricchezza di strumenti semantici rispetto a quella giapponese, se la si conosce adeguatamente è meno facile commettere errori significativi.

Tuttavia va notato che alcuni tipi di testi legali ed editoriali italiani possono risultare piuttosto complessi e talvolta così intrisi di una ricerca artificiosa di effetti estetici da rappresentare una sfida anche per il traduttore giapponese più esperto, la cui difficoltà di comprendere correttamente il testo obbliga a ricorrere a una traduzione più letterale, perciò meno o affatto comprensibile.

In ogni caso, dato che ottenere una traduzione più naturale dal giapponese richiede maggiore impegno in termini di tempo e determinazione per contrastare la tendenza tipica del revisore non madrelingua, che è più incline alla traduzione letterale, molti traduttori non sfuggono alla tentazione di seguire l'approccio traduttivo più breve e sicuro.

Ecco qui sotto un esempio concreto di traduzione eccessivamente letterale dal giapponese. Purtroppo rappresenta un problema non limitato alle traduzioni tecniche e dimostra quant'è facile creare qualcosa di poco leggibile quando si traduce troppo letteralmente le ripetizioni inutili che sono invece normali, se non necessarie, in giapponese: (A) è una frase tratta dalla versione originale giapponese del manuale di una stampante, (B) è la corrispondente traduzione letterale in inglese (tipicamente fatta da un traduttore non madrelingua) e (C) è la traduzione italiana fatta anch'essa in modo eccessivamente letterale dal giapponese o dall'inglese da un traduttore madrelingua italiano inesperto:

(A) Testo originale giapponese:

プリンターを使う前に、プリンターがアラームを出さないようにプリンターのカバーを閉じてください。そしてプリンターの電源ケーブルをコンセントに差し込んでください。

(C) Traduzione letterale italiana:

Prima di usare la stampante chiudere il coperchio principale della stampante in modo che la stampante non emetta un allarme. Assicurarsi inoltre di collegare il cavo di alimentazione della stampante.

La traduzione italiana si commenta da sola, ma a molti committenti giapponesi non piace perché vogliono vedere quella "stampante" tante volte quanto appare nel testo originale. Insomma, vogliono più uniformità al testo giapponese.

Questo è invece un esempio d'inutile ridondanza, che nella lingua giapponese si trova invece frequentemente:

(A) Testo originale giapponese:

監督者の明確な事前の許可がない限り、この部屋に入ってはいけません。許可なしで入室してはなりません。

(B) Traduzione inglese letterale:

Do not enter this room without first obtaining the authorization from the security staff. Make sure not to enter without authorization.

Per il lettore italiano è ovvio che la seconda frase è ridondante e perciò da eliminare.

In casi come questo, che sono la norma soprattutto nei testi tecnici e che la traduzione automatica ha reso ancor più frequenti, spesso il committente giapponese non ammette quella che per lui è invece una “deviazione eccessiva” dall'originale, perciò indice di bassa qualità.

Un curioso tipo di controllo di qualità

Ecco allora la tipica reazione del committente giapponese: «Perché nella traduzione italiana la parola “stampante” appare una volta sola mentre nell'originale giapponese e anche nella sua traduzione inglese ben quattro?»

Non è certamente difficile rispondere a domande così, ma a volte il committente che non sa giudicare da sé incarica un revisore esterno, che però spesso non è madrelingua e non conoscendo adeguatamente i requisiti della lingua italiana scritta finisce per stravolgere una traduzione già ben fatta.

Perché vi sono in circolazione tante traduzioni troppo letterali?

Perché:

  • Tradurre letteralmente è più facile e richiede meno tempo: non se ne dedica molto alla ricerca di sinonimi e alla riformulazione del testo in modo più adatto al pubblico di destinazione. Cioè, non si deve pensare troppo e si riesce così ad essere più produttivi ed economici.
  • Spesso il traduttore è costretto a lavorare senza contesto. Magari non sa come una particolare frase verrà usata o in quale contesto andrà inserita, cosa la precede o la segue, o di cosa si sta parlando effettivamente. Potrà chiedere chiarimenti, che però non sempre otterrà perché solitamente il cliente non ha tempo da perdere e in fondo, diamine... perché mai un traduttore professionista deve fare certe domande?
  • Spesso è proprio il committente a pretendere una traduzione letterale per meglio effettuare in proprio una sorta di controllo di qualità comparandola direttamente con le altre lingue e rilevare ogni deviazione (In francese e in tedesco hanno tradotto così: perché non anche in italiano?)
  • In generale la capacità linguistica sta degenerando. La globalizzazione culturale, in particolare, tende ad omogenizzare e semplificare il pensiero e di conseguenza anche il linguaggio. Sia l'italiano che il giapponese, ad esempio, abbondano sempre più di orridi inglesismi, ridicoli e spesso sbagliati.
  • L'uso ormai dilagante della traduzione automatica e degli strumenti CAT concorre a creare testi scritti poco naturali, cioè non facilmente leggibili. Perle di stile di scrittura come quelle sopra sono molto più diffuse e sono spesso il frutto dell'uso ormai dilagante e improprio della traduzione automatica "che rende tutto più facile e veloce".

Solo tradurre no, localizzare sì.

La maggior parte dei traduttori professionisti concorda, almeno a parole, sulla necessità di tradurre di meno e localizzare di più, cioè adattare il testo per renderlo fluido e naturale al pubblico di destinazione.

In particolare il giapponese richiede più passaggi dopo la traduzione di base per renderla più familiare in italiano, eliminando ripetizioni e arricchendo il testo, in un certo senso reinventandolo come se fosse originale in italiano. Ma per questo è altresì necessario sottoporla a ulteriori rielaborazioni e a un controllo di qualità ancor più rigoroso per accertarsi che non abbiano introdotto errori di tipo diverso.

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